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Federazione IPASVI su Pit Salute 2017: “Rilanciare gli investimenti, soprattutto sul personale e sul territorio, per tutelare davvero i bisogni dei cittadini”

I problemi sono sempre gli stessi: poco personale per la carenza ormai dilagante legata ai blocchi di assunzioni e turn over e sul territorio cittadini che segnalano scarsa assistenza medico-infermieristica (meno di uno su tre) e lunghe liste di attesa per l’accesso alle strutture (uno su cinque), anche per i costi eccessivi della degenza (per quasi due su cinque) delle strutture residenziali come RSA e lungodegenze.

Il  XX Rapporto Pit Salute di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, dal titolo “Sanità pubblica: prima scelta, ma a caro prezzo” non lascia dubbi sulla gestione del sistema che non mette davvero al centro i bisogni dei cittadini, ma quelli del sistema, sempre più sottofinanziato e in sofferenza nonostante la qualità per quanto riguarda i professionisti che ne rappresentano l’anima operativa.

E’ in diminuzione la malpractice per l’assistenza ospedaliera, anche se il poco personale che c’è fa lievitare i tempi per accedere alle visite specialistiche con un valore che passa dal 34,3% del 2015 al 40,3% del 2016. Per gli interventi chirurgici va un po’ meglio: il 28,1% delle segnalazioni contro il 35,3% nel 2015, ma va ancora una volta male per le liste di attesa per gli esami diagnostici (dal 25,5% 2015 al 26,4% del 2016).

Colpa non solo di ritmi di lavoro che di umano hanno ben poco – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale Collegi IPASVI  – ma anche del fatto che quasi nella totalità dei casi un infermiere deve lavorare almeno per due, vista la carenza di organici e la scarsa disponibilità organizzativa delle aziende. Abbiamo denunciato noi per primi la carenza di almeno 50mila infermieri di cui circa 20mila in ospedale e gli altri sul territorio. I blocchi del turn over e le politiche di risparmio di spesa hanno provocato in questo senso danni all’assistenza e lo dimostra il fatto che il Pit salute ha rilevato le lamentele dei pazienti che non trovano infermieri (ma non solo) a sufficienza in ospedale per garantire servizi e assistenza di qualità e tempestiva come spesso i bisogni dei pazienti richiedono”.

La nostra professione – continua Mangiacavalli – ha come scopo il rapporto coi pazienti. È per noi un elemento valoriale importante sia professionalmente che per il ‘patto col cittadino’ che da anni ci caratterizza. Per noi è essenziale avere una relazione privilegiata con loro, per comprendere come ci vedono e come possiamo soddisfare nel modo migliore i loro bisogni di salute. Per questo abbiamo attivato proprio con Cittadinanzattiva l’Osservatorio civico sulla professione: siamo pronti ad affrontare le critiche se la qualità del lavoro non va – e la critica non è mai questa – , ma non possiamo caricarci di responsabilità anche quando a far girare male le cose è una organizzazione che tiene conto solo dei risparmi possibili ”.

La cosa più grave, secondo Mangiacavalli, è proprio la denuncia del Pit sulle dimissioni ospedaliere sempre più anticipate e complesse a fronte di una rete dei servizi socio-sanitari territoriali non in grado di dare risposte alle persone in condizioni di “fragilità”, come gli anziani soli, le persone non autosufficienti o con cronicità, quelle con sofferenza mentale.

E’ proprio l’invecchiamento e la cronicità delle patologie – aggiunge – che fanno esplodere la domanda di prestazioni infermieristiche. E gli infermieri lo sanno e sanno di dover quindi affrontare nuove sfide anche attraverso diverse impostazioni dell’organizzazione del lavoro. Gli infermieri devono saper riconoscere oltre a quelli clinici, anche i bisogni assistenziali ed emotivi dei pazienti e delle loro famiglie, saper affrontare il dolore e la malattia e gestire il prima, il durante, ma anche il ‘dopo’, rispetto a problematiche diverse dall’assistenza in acuzie e post-acuzie. Per questo è indispensabile che gli infermieri ci siano, siano sufficienti e siano coinvolti in prima persona oltre che nell’assistenza anche nell’informazione e nell’educazione ai malati e ai ‘sani’ perché si possano prevenire le patologie”.

Gli infermieri in questo senso – aggiunge Pierpaolo Pateri, componente del Comitato centrale della Federazione Ipasvi intervenuto alla presentazione del Pit Salute – promuovono da tempo la figura dell’infermiere di famiglia di cui si auspicano la più ampia diffusione sul territorio nazionale e gestiscono ambulatori infermieristici territoriali che operano tra mille difficoltà. In primis la carenza numerica di professionisti, appunto, ma che andrebbero incrementati per rappresentare un punto di riferimento certo per la presa in carico dei pazienti fragili dimessi e per l’orientamento dei familiari e dei caregiver nella gestione dell’assistenza”.

Mangiacavalli non ha dubbi: “Ha ragione il Pit: vanno rilanciati gli investimenti sul Ssn in termini di risorse economiche, di interventi strutturali per ammodernamento tecnologico ed edilizia sanitaria e, soprattutto, sul personale sanitario”.

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