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Rapporto Osservasalute 2016 – Mangiacavalli (IPASVI): Bisogna orientare a nuovi modelli per gestire la cronicità

La cronicità rischia di diventare uno dei mali peggiori del Servizio Sanitario Nazionale. E degli italiani, visto che secondo il Rapporto Osservasalute dell’Università Cattolica, le malattie croniche colpiscono ormai il 40% degli italiani. Aumentano la spesa, è vero, ma aumentano soprattutto il disagio – e la disuguaglianza – dei cittadini e dei pazienti e purtroppo si spacca ancora di più l’Italia tra un Nord più ricco e un Sud più povero che può meno anche in termini di assistenza.

“I malati cronici – afferma Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione Nazionale IPASVI – devono essere assistiti meglio, molto meglio di come lo sono finora e ovunque con la stessa cura e gli stessi diritti. E deve esserci necessariamente un cambio di rotta nel modello di assistenza del Servizio Sanitario Nazionale: ci si deve prendere cura delle persone con patologie croniche, perché siano assistite in modo complessivo, e non solo per quanto riguarda i sintomi specifici”.

Secondo la Mangiacavalli “non si possono lasciare sole le famiglie e i malati a cercare assistenza e gli infermieri lo sanno e hanno le idee ben chiare in questo senso.  Proponiamo – continua – un approccio sistemico ed “evidence-based” alle patologie croniche che coinvolge tutti i produttori di assistenza, quello contenuto nel Chronic Care Model (C.C.M.) descritto dall’OMS”.

Secondo tale modello, spiega la presidente della Federazione degli infermieri, le variabili fondamentali per affrontare con efficacia la cura della cronicità sono: l’impegno di tutto il sistema sanitario e sociale e della comunità; le cure primarie, come componenti fondamentali per le cure territoriali e segmento del SSN più vicino al paziente e per la gestione integrata della persona con malattia cronica.

“In questo ambito – prosegue la Mangiacavalli – e  nel contesto del  lavoro multi professionale e multidisciplinare necessario, la funzione infermieristica contribuisce a orientare l’assistenza erogata ai malati cronici basandosi su approcci di assistenza proattivi, richiamati anche nel modello dalla medicina di iniziativa. Questo modello sposta il focus dalla cura della cronicità, dalla gestione delle complicanze della malattia di base alle capacità ancora attivabili (empowerment) e/o residue sia della persona che dei suoi care giver. Obiettivo è mantenere sotto controllo la malattia cronica di base (modello del caro management) e rendere la persona assistita capace di autogestione della propria condizione di salute e di malattia”.

Ma ci sono altre strade possibili secondo la presidente IPASVI, come la presa in carico infermieristica anticipata e finalizzata all’inserimento della persona assistita in programmi di disease e care management e l’individuazione di ulteriori indicatori di efficacia e appropriatezza, validi anche rispetto alla qualità di vita e di assistenza della persona. Per la parte assistenziale, ad esempio, tali indicatori potrebbero riguardare le dimensioni (esiti) sensibili alla cura infermieristica e all’azione generativa del nursing.

“Sul territorio – aggiunge ancora la Mangiacavalli – l’infermiere assicura la continuità della presenza e della presa in carico dei problemi (acuti/cronici) di salute e benessere per le persone fragili e per le loro famiglie/care giver. Le competenze infermieristiche in questi ambiti non solo favoriscono la personalizzazione degli impegni assunti dalla persona verso la propria salute in fase prospettica, riducendo il rischio di istituzionalizzazione/ospedalizzazione, ma creando con il  medico di medicina generale (Mmg) un’ alleanza che fa da tramite tra le esigenze della persona assistita e il medico di fiducia; favorisce condizioni e relazioni per raggiungere gli obiettivi di salute e mantenimento della persona assistita, coerentemente con gli obiettivi terapeutici previsti. Questo tipo di strategia consente al Mmg di focalizzarsi sui problemi di salute più complessi dal punto di vista clinico-terapeutico, potendo affidare i casi più emblematici dal punto di vista della cronicità (stabilità clinica e aderenza terapeutica, comportamenti e stili di vita) all’infermiere sul territorio, nell’ottica della cooperazione professionale e condivisione della pianificazione delle cure alla persona. In questo, anche ii ruolo dell’infermiere può essere valorizzato in quanto rappresenta, per la persona e la sua famiglia, la figura di riferimento tra un episodio acuto e il successivo: l’infermiere c’è sempre, da Nord a Sud,  e il paziente non resterà mai solo con la sua malattia”.

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