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Decreto Superticket: entra in scena la deprivazione sociale e i soldi alle Regioni solo se approveranno delibere ad hoc

Fa il suo ingresso per la prima volta sulla scienza dei riparti la “deprivazione sociale”. E le risorse assegnate alle Regioni favoriscono di più quelle del Centro-Sud dove l’eliminazione del superticket avrebbe portato a problemi di bilancio: ad esempio la Campania raddoppia passando da 2,5 milioni a 5 milioni di euro, la Puglia passa da circa 1,9 milioni a 3,5 milioni, mentre la Calabria passa da circa 900mila euro a 1,7 milioni.

Tonino Aceti, portavoce della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI), il maggiore d’Italia con i suoi oltre 45mila iscritti, analizza e commenta in un editoriale pubblicato sul sito istituzionale della Federazione (www.fnopi.it ) la norma a cui si è giunti dopo molteplici revisioni e modifiche del testo: “È – afferma Aceti – un decreto “più giusto” rispetto alle precedenti versioni proposte dalle Regioni, almeno per 3 buoni motivi”.

Il primo. Tra i “visto” del Decreto viene esplicitamente preso atto della necessità di una ripartizione più equa delle risorse del fondo “anche tutelando le regioni con un più alto tasso di incidenza di condizioni di deprivazione sociale”.

L’introduzione del concetto di Deprivazione Sociale non è affatto banale e rappresenta un’innovazione che può aprire scenari importanti anche su partite più grosse come quelle del riparto annuale del Fondo Sanitario Nazionale.

Il secondo. Una maggiore equità nell’assegnazione concreta delle risorse rispetto alle precedenti versioni. Infatti, le Regioni del centro-sud vedono aumentare le risorse a disposizione. Una modifica della ripartizione che sembra rispondere meglio, rispetto alle precedenti bozze del Decreto, alla ratio della norma contenuta in Legge di bilancio 2018 che prevede attraverso l’istituzione del fondo la necessità di ‘conseguire una maggiore equità e agevolare l’accesso alle prestazioni sanitarie da parte di specifiche categorie di soggetti vulnerabili.

Il terzo. Non sarà una brutale erogazione a pioggia di soldi alle Regioni, una sorta di ‘rimborso per le spese sostenute’, con il rischio di un loro potenziale utilizzo per attività diverse da quelle per le quali sono state assegnate. Viene previsto invece dell’approvazione nelle Regioni di misure in grado di ridurre l’onere della quota fissa sulle categorie «vulnerabili» per ottenere maggiore equità e agevolare l’accesso alle prestazioni sanitarie da parte di specifiche categorie di soggetti vulnerabili. Il tutto sarà verificato dalle Istituzioni centrali.

Una partita – afferma – che non può essere giocata solo tra i livelli istituzionali, ma al contrario è un terreno che va presidiato anche dalle Associazioni di pazienti e cittadini, che dovrebbero essere coinvolte dalle Regioni nella fase di messa a punto delle misure di riduzione del ticket”.

È evidentecommenta ancora Aceti – che la battaglia che rimane da fare è quella dell’abrogazione del Superticket (non solo la sua riduzione) in tutto il Paese. Alcune Regioni infatti si sono già mosse come ad esempio l’Emilia-Romagna che a partire dal 2019 lo ha eliminato per i nuclei familiari con redditi annui fino a 100.000 euro. Nelle Marche invece da giugno non lo pagheranno le persone con reddito Isee inferiore a 10mila euro annui. La Toscana dal 1aprile 2019 ha abrogato il ticket di 10 euro per la digitalizzazione, pagato per le prestazioni specialistiche di diagnostica per immagini”.

Secondo Aceti il superticket è ormai “una misura che fa male anche alle casse del Servizio Sanitario Nazionale il cui gettito reale 413 milioni annui) è molto al di sotto dall’effetto programmato dalla manovra che lo istituì e “da quando è stato introdotto, stando ai dati della Corte dei Conti, il gettito annuo per lo Stato da ticket sulle prestazioni sanitarie, in particolare quelli sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale, sul pronto Soccorso e su altre prestazioni ad esclusione di quelle farmaceutiche è passato da oltre 1,5 mld di euro del 2012 a poco più di 1,3 mld del 2017”.

Praticamente un mancato gettito nelle casse dello Stato di circa 200 mln di euro annui rispetto alle entrate 2012 (anno di istituzione della norma), che “qualora rientrassero nella disponibilità del SSN attraverso l’abrogazione del superticket – conclude – potremmo pensare di utilizzarli per investimenti sul personale sanitario, oggi alle prese con gli effetti di Quota 100 e del blocco del turnover”.